mercoledì 11 febbraio 2015

DIE SOLDATEN, B.A.ZIMMERMANN - TEATRO ALLA SCALA DI MILANO, sabato 31 gennaio 2015

WESENER: Ihr luderliche Seele, Schaemt Ihr Euch nicht, einem honetten Mann das zuzumutten.
You slut. Aren't you ashamed to accost a decent man like that.


Bernd Alois Zimmermann, rappresenta il paradigma dell'opera contemporanea, la sua più brillante realizzazione.
Soldato nazista lui stesso, ha vissuto in prima linea gli orrori della guerra e la vita di quei soldati che poi ha messo in musica nel suo lavoro principale, questo Die Soldaten dove il tragico, che nasconde una dimensione sacrale, scaturisce dalla musica e rovescia il senso della commedia di Lenz di cui Zimmermann ha completamente modificato il finale.

Il capolavoro di Zimmermann si sviluppa sottoforma di un gigantesco contrappunto, una specie di infinita rete di costrizioni che si rinchiude senza fine sui personaggi come se fossero presi in una morsa. La pluralità stilistica che include elementi come il jazz o i suoni elettromagnetici è qui legata alla interazione delle tre dimensioni temporali-passato, presente e futuro- che interagiscono tra loro e in molte scene del lavoro si incrociano essendo alcuni avvenimenti successivi, presentati simultaneamente. La forza drammatica del lavoro si snoda quindi dalla capacità di articolare momenti completamente opposti, secondo la tecnica del montaggio cinematografico, conferendo al tutto una grande compattezza.

Proveniente da Salisburgo, dove ha debuttato nel 2012, l'allestimento di Hermanis , che ha curato la scenografia assieme a Uta Gruber-Ballehr e ai costumi di Eva Dessecker fu concepito per il palcoscenico, largo 40 metri, della Felsenreitschule, la rappresentazione sul decisamente più piccolo palco del Teatro alla Scala ne ha mortificato intenti e risultato.

La sterminata compagnia di canto, che interagisce spesso simultaneamente non solo musicalmente ma anche temporaneamente, si è trovata a dover fare i conti con una capacità di azione molto ridotta.

Le scene corali hanno così sofferto pesanti tagli in termini di azione e intensità drammatica così come l'aver dovuto sistemare parte della sterminata orchestra nel retropalco amplificandola, ha conferito allo spettacolo un' aura posticcia che non ha reso giustizia al meticoloso lavoro di Hermanis.

Lavoro che comunque è stato di primo livello, tutto giocato sulla rappresentazione della mortificazione umana nel suo più ampio concetto. La violenza umana e psichica dei soldati si proietta continuamente sui personaggi più deboli non solo fisicamente, ma anche e soprattutto verbalmente; emblematici i dialoghi serrati e mortificanti tra Pirzel e gli altri ufficiali nella scena quarta (toccata1) del primo atto, forse uno dei momenti più alti dell'intero lavoro.

La nutritissima compagnia di canto, prevista da Zimmermann a sostenere un lavoro a volte al limite dell'eseguibile, ha saputo ricreare forse meglio il successo delle rappresentazioni di Salisburgo.

Cresciuta vocalmente e introspettivamente nel suo personaggio rispetto al 2012, Laura Aikin è una Marie straordinaria nell'impianto scenico e vocale, particolarmente dotata nel controllo straordinario della parte sovracuta del rigo; la sua disinvoltura nell'affrontare una parte emblematica come quella di Marie, la mettono tra le interpreti di primo piano in questo repertorio ai giorni nostri.

Gabriela Benackovà, all'alba delle sue 67 splendide primavere, non mostra il minimo cedimento vocale nell'affrontare la spaventosa parte della Grafin de la Roche, tutta scritta in note ribattute e salti di ottava da far tremare i polsi anche alla più navigata delle cantanti.

Straordinario Daniel Brenna quale Desportes, ha saputo affrontare la scrittura della sua improponibile parte con una naturalezza e un cinismo vocale e scenico oltre ogni aspettativa.

Il Wesner di Alfred Muff si misura con una scrittura stranamente lirica abbastanza tradizionale, all'interno di un lavoro estremamente innovativo (all'epoca della scrittura) per le voci. Molto intensa e cantata con partecipazione misurata la sua scena finale.

Delude Thomas E.Bauer nel rolo principale di Stolzius. Probabilmente affaticato e provato dalle recite precedenti, ha cantato perennemente in affanno risultando sbiadito e difficoltoso nell'interpretare lo straziato amante ripudiato di Marie. Anche per lui la improponibile parte scritta da Zimmermann ha lasciato evidente il segno del logoramento, risultando comunque convincente scenicamente.

Impareggiabile nelle parti di tenore caratterista ed autentico fuoriclasse nel sapere porgere la parola musicata, Wolfgang Ablinger-Sperrhacke ha interpretato con una partecipazione più che perfetta la petulante parte del conformista Pirzel.

Okka Von der Damerau, nonostante qualche impaccio nei movimenti scenici, è risultata convincente nell'interpretare la sorella ingenua di Marie.

Perfetti e ben inseriti nell' arditissimo impianto musicale di Zimmermann i numerosi comprimari,  con una menzione speciale per i cantanti dell' ensemble il canto di Orfeo che hanno saputo interpretare i numerosi Ufficiali con una partecipazione impeccabile non solo vocale ma anche musicale, giacché in partitura è previsto che debbano contemporaneamente cantare e percuotere pentole e posate sulle tavole con precisione metronomica in sincrono con orchestra.

L'orchestra della Scala non sono certamente i Wiener Philarmoniker sentiti a Salisburgo, e la rara partecipazione in un repertorio quale quello contemporaneo si è fatta sentire non tanto nelle rare imperfezioni dei settori delle percussioni, quanto nella mancanza di un unicum musicale richiesto in un lavoro come questo. A noi è parso che nonostante gli sforzi sovrumani di Ingo Metzmecher nel condurre in porto una partitura spesso al limite della coesione strumentale, l'Orchestra abbia suonato con evidente spaesamento e arrendevolezza di fronte ad una partitura straordinaria ma inconsueta, preferendo arrendersi nel più sicuro mare della mera esecuzione delle note piuttosto che affrontare la tempesta di una scrittura entusiasmante.

Successo vivissimo per tutti in un teatro inizialmente pieno, ma che si è svuotato in parte all'inizio della seconda parte.


Pierluigi Guadagni

LA PRODUZIONE

Direttore
Ingo Metzmacher
Regia
Alvis Hermanis
Co-regista
Gudrun Hartmann
Scene
Alvis Hermanis e Uta Gruber-Ballehr
Costumi
Eva Dessecker
Luci 
Gleb Filshtinsky
Sergey Rylko
Video designer


Wesener
Alfred Muff
Marie
Laura Aikin
Charlotte
Okka von Der Damerau
La vecchia madre di Wesener
Cornelia Kallisch
Stolzius
Thomas E. Bauer
Madre di Stolzius
Renée Morloc
La Contessa De La Roche
Gabriela Benckova
Il giovane Conte, suo figlio
Matthias Klink
Desportes
Daniel Brenna
Pirzel
Wolfgang Ablinger-Sperrhacke
Eisenhardt
Boaz Daniel
Mary
Morgan Moody
Haudy
Matjaz Robavs
Il colonnello, Conte di Sapnnheim
Johannes Stermann
Tre giovani ufficiali
Paul Schweinester, Andreas Fruh, Clemens Kerschbaumer
L'Andalusa, una servente
Donatella Sgobba
Il servitore della Contssa De La Roche
Werner Friedl
Tre giovani alfieri/Tre capitani
Stephan Schafer, Volker Wahl, Michael Schefts
Madame Roux, proprietaria della bottega del caffè
Anna-Eva Kock
Il giovane alfiere/Un giovane fuciliere, al servizio di Desportes
Rupert Grossinger
L'ufficiale ubriaco
Aco Biscevic
Artistin
Katharina Droscher
Diciotto ufficiali ed alfieri
Ensemble Il Canto di Orfeo

Orchestra del Teatro alla Scala

Nuovo allestimento in coproduzione con Festival di Salisburgo (2012)



Foto Teatro Alla Scala