sabato 27 settembre 2014

IL BARBIERE DI SIVIGLIA, G. ROSSINI – TEATRO COMUNALE G.VERDI DI PADOVA, venerdì 26 settembre 2014

Con il Barbiere di Siviglia al Teatro Comunale G. Verdi di Padova si inaugura la stagione lirica duemilaquattordici, con un titolo dunque dal fortissimo richiamo di pubblico, che sarà seguito da altri due altrettanto forti: Mabama Butterfly e La Vedova Allegra, che chiuderà anche l’anno solare.
Questa nuovissima produzione nata con una collaborazione tra il teatro patavino ed il Bassano Opera Festival, ha visto impegnato come regista Francesco Esposito e l’impianto scenico di Tommaso Lagattolla, assistito da Emanuele Sinisi
Siamo consapevoli del fatto che il capolavoro di Rossini sia stato messo in scena migliaia di volte e che si cerchi sempre di trovare delle nuove chiavi di lettura  per non cadere nell’ovvio o nel ‘già visto’, ma quello andato in scena ieri sera a Padova non ci è sembrato affatto il Barbiere di Siviglia.

Come spesso accade, l’ambientazione è spostata secoli in avanti ed anche i luoghi non sono quelli concepiti dal librettista. Questo in genere può offrire anche piacevoli sorprese, ma in questo caso siamo dispiaciuti nel costatare quanto l’intera vicenda sia stata completamente stravolta, piegando eventi e dialoghi ad una costante forzatura nel cercare di far comunque quadrare il racconto generale. Ci troviamo in Italia e precisamente negli studi televisivi della RAI degli anni settanta, come sottolineano gli innumerevoli ritagli di giornale precisamente datati che scorrono sullo schermo in background, ove a un certo punto compare anche un articolo che inneggia alla diva protagonista. Non mancano le immagini degli artisti che hanno popolato la televisione  pubblica di quegli anni, come Bongiorno, Mina, Raffaella Carrà, le gemelle Kessler, e così via.
Il nostro barbiere è uno dei tanti collaboratori dell’equipe televisiva, della quale ci viene in pratica illustrata la vita quotidiana nei vari ambienti ben riprodotti, tra provini, registrazioni, spot pubblicitari (il ‘povero’ conte d’ Almaviva indossa una enorme parrucca riccia per pubblicizzare una lacca..) e gli immancabili balletti che oggi come allora completano gli spettacoli.

Il grande protagonista  non sembra tanto essere il furbo Figaro, che tutti cercano nella versione originale per le sue doti di troubleshooter, ma il grande produttore televisivo Bartolo, il quale chiama gli artisti, organizza le sue trasmissioni e ad un certo punto ci regala persino una telefonata al presentatore Pippo Baudo al quale comunica che per la serata inaugurale del suo show sarà presente la grande Franca Valeri.. Naturalmente per rendere minimamente plausibile tutto ciò sono state effettuate modifiche al libretto, aggiungendo dialoghi utili agli eventi qui creati, ed abbiamo udito anche la sigla televisiva degli anni d’oro Rai eseguita al forte-piano da Roberto Loreggian. Inoltre, all'apertura abbiamo potuto ammirare il vecchio logo Rai che introduceva le trasmissioni del giorno e la pausa tra gli atti ci ha riportato sul megaschermo l’ originale intervallo in bianco e nero con le docili pecorelle che affollavano il video…

La storia d’amore tra Il conte/Lindoro e Rosina all’inizio è solo un copione che la Diva capricciosa sta imparando e di cui ricorda a fatica le battute, prontamente redarguita dall’inflessibile produttore Bartolo. In tale clima la meravigliosa serenata alla chitarra di Lindoro è in un primo momento sostituita dall’incipit di ‘Smoke on the water’ dei Deep Purple, poi fortunatamente eseguita regolarmente. Ad un certo punto sarebbe stato davvero difficile ricondurre la narrazione al finale prestabilito, sicché ritroviamo i due ‘divi’ innamorati persi anche nella vita reale che la fanno in barba al produttore smanioso di sposare la sua artista preferita, grazie all’aiuto di Figaro come sappiamo.
Infine, per tutta la rappresentazione siamo stati accompagnati da una figura misteriosa in abito settecentesco che, seduto alla sua seggiola fuori scena accanto ad un televisore acceso sul pavimento, oppure agendo silente in scena, rappresenterebbe il compositore intento a prendere appunti e a fare da supervisore/regista a tutto ciò che accade. Francamente non vediamo lo scopo di tale aggiunta.

In tutto questo la straordinaria partitura del Maestro pesarese è parsa quasi mortificata, costretta a piegarsi accompagnando moti ed eventi che non le appartenevano. Difatti i dolci languori e le trovate geniali sono stati sostituiti dai capricci e dalle trame che si ordiscono da sempre negli ambienti televisivi.

Certamente si riconosce fantasia e coraggio nel mettere in scena uno spettacolo così diverso dal solito, e non siamo nuovi a trasposizioni nel futuro dei più grandi capolavori del passato. Probabilmente però tante idee e spunti qui presentati potevano essere gestiti in maniera diversa per una maggiore coerenza d'insieme.
Doppiamente bravo il cast dei protagonisti che è riuscito a  cogliere comunque lo spirito dei nuovi personaggi e ad adattarlo all’interpretazione vocale.

Rosina è una  femme fatale, dalla personalità forte e capricciosa, che cerca di sfondare nel mondo dello spettacolo e si tiene in forma praticando esercizi alla sbarra insieme al corpo di ballo ingaggiato dalla produzione televisiva. Bravissima Laura Polverelli ad intendere il carattere della diva e far suo il personaggio con grinta e personalità. La sua voce sicura ed agile ci regala ‘Una voce poco fa’ frizzante e precisa, così come risulta essere ogni volta che appare in scena.

Matteo Macchioni impersona Il Conte d’Almaviva. La sua è una voce leggera che a tratti subisce l’orchestra, ma ha carattere, personalità e intonazione dalla sua parte che lo fanno brillare nel ruolo del conte-showman.

Fantastico il Barbiere interpretato da Nicola Alaimo. Nonostante il suo ruolo sia stato un po’ mortificato da questa messa in scena, la sua forza interpretativa, il suo porsi sulla scena e la sua voce enorme ne hanno consacrato una interpretazione maiuscola.

Grande mattatore della serata il Don Bartolo di  Paolo Bordogna. La scena è completamente sotto il suo dominio, il produttore televisivo è qui degnamente impersonato grazie a doti attoriali perfette per come è stato concepito il personaggio, che può contare su una voce bruna che si apre anche verso l’acuto e che offre corpo e volume.

Bene anche il Don Basilio di Riccardo Zanellato che si inserisce con buono spirito nell’affiatato cast ed esegue con successo la sua aria della calunnia.

Ottima la Berta di una spumeggiante Giovanna Donadini, che in questo spettacolo cerca di imitare le ‘mosse’ delle grandi dive, sognando anche di interpretare un film muto, puntualmente ragalatoci dal regista, con tanto di sottotitoli come si usava a suo tempo. Infine Fiorello è un corretto e spigliato Donato di Gioia.

Ombre sulla direzione orchestrale di Gianluca Marciano'. Se questa rappresentazione doveva essere sostenuta da un accompagnamento ancor più brioso e spumeggiante del solito, l’orchestra ci è sembrata spenta e fiacca, quasi impotente di fronte all’incalzare degli eventi.
Il coro è stato diretto da Dino Zambello.
Con la sala piena per questa inaugurazione, il pubblico ha premiato principalmente gli interpreti, che hanno raccolto il meritato successo.

Maria Teresa Giovagnoli   

LA PRODUZIONE

Maestro concertatore
e direttore d’orchestra           Gianluca Marciano'
Regia                                     Francesco Esposito
Scene                                     Tommaso Lagattolla
Assistente alla Scenografia   Emanuele Sinisi
coreografie                             Gabriella Furlani Malvezzi

GLI INTERPRETI

Il Conte d'Almaviva              Matteo Macchioni
Don Bartolo                           Paolo Bordogna
Rosina                                    Laura Polverelli
Figaro                                    Nicola Alaimo
Don Basilio                            Riccardo Zanellato
Fiorello                                  Donato di Gioia
Berta                                      Giovanna Donadini

Coro città di Padova diretto da Dino Zambello
Orchestra di Padova e del Veneto
Corpo di ballo: Padova Danza (Flavio Papini, Niccolò Nanti, Enrico Vignato, Maria Cusinato, Giulia Hornbostel, Silvia Bertoli)

coproduzione tra i Teatri di Padova e Bassano







Foto Giuliano Ghiraldini