lunedì 14 aprile 2014

DO RE MI…..PRESENTO – intervista a MANUELA CUSTER

L' Artista che incontriamo oggi è sicuramente una delle più eclettiche ed in continua evoluzione tra le interpreti dei nostri giorni. Conosciamo meglio Manuela Custer, apprezzato mezzosoprano di Novara, che può ascrivere a suo nome un repertorio incredibilmente vasto che l’ha vista debuttare in importanti teatri ed istituzioni culturali di mezzo mondo. Gli innumerevoli ruoli che interpreta la vedono spaziare in epoche e stili diversi, consentendole di mettersi sempre in gioco e rinnovarsi vocalmente. Ricordiamo personaggi come Romeo di Bellini (Capuleti e Montecchi), Mallika di Delibes (Lakmè), Smeton di Donizetti (Anna Bolena), Orfeo di Gluck (l' Orfeo), ed ancora Rosina di Rossini (Barbiere di Siviglia), Rinaldo di Haendel (Il Rinaldo), Suzuki di Puccini (Madama Butterfly), Sesto di Mozart (La clemenza di Tito), Lucrezia di Britten (The rape of Lucretia)... e la lista continua davvero lunghissima, tanto nell’Opera quanto nel repertorio sinfonico. Sempre ottenendo grandi successi, il pubblico la acclama per la sua incredibile capacità comunicativa, che assieme al suo punto di forza, una voce dalla tecnica affinata e sicura, ne fanno una Artista davvero completa.


Descriva la sua voce a chi non la conosce e cosa secondo lei la distingue da quella degli altri suoi colleghi.
Beh la distingue il fatto che...è la mia! E' molto difficile descrivere una cosa propria con oggettività... Naturalmente è bellissima! E' la mia compagna di parecchi anni di carriera, è molto colorata, è autonoma, ma ha imparato a fare quello che le chiedo con una certa collaborazione! Non mi tradisce se la tratto bene e mi ha assecondata e sostenuta in diverse avventure interessanti. Ci vogliamo bene!

Come descriverebbe gli inizi della Sua carriera e cosa l’ha portata a intraprenderla?
Ormai lo sanno tutti credo:  il caso! Ho iniziato per caso e continuato per necessità.

I ricordi più cari e i momenti che Le danno maggiore soddisfazione?
Quelli in cui si sente che si è fatto qualcosa di buono per e con la musica. Questo non è mai, specie per un cantante, un atto puramente singolo. Come minimo abbiamo un pianista e poi un’orchestra, colleghi, direttore, regista; ho più di un momento da ricordare, ma un concerto a cui non potrei rinunciare è quello al Festival di Edimburgo del 2003, Zelmira di Rossini con conseguente disco; poi certo “Il Diluvio Universale” di Donizetti al Drury Lane, la Petite Messe Solennelle di Rossini a Leipzig, ma anche una recente Liederabend con musiche di Schumann e Brahms e certamente la Butterfly nella recente produzione della Fenice, ma la lista è lunga!

Cosa avrebbe fatto se non avesse scelto questa carriera?
Credo... questa carriera! Mi piace molto il teatro in generale chissà, magari avrei recitato! O l'archeologa o la filosofa o la ballerina... ma Margot Fontaine è un mito irraggiungibile anche per superati limiti di peso, quindi sono molto felice di aver potuto e poter fare quello che faccio!
Quanto conta l’immagine oggi nel mondo del Teatro d’Opera?
Troppo rispetto a quello che sta scritto dentro una partitura.

Come studia una partitura nuova?
Leggendo le note e il libretto possibilmente, poi informandomi su tutte le fonti che han portato a scrivere quell'opera in particolare, da quelle storiche alle letterarie o di cronaca e insieme approfondendo chi sono compositore e librettista. Poi inizia lo studio sulla voce: cerco di avere un quadro preciso delle difficoltà, della distribuzione dell'onere vocale ed emotivo. E poi, soprattutto, immaginando!

Predilige i ruoli drammatici  oppure quelli per così dire più ‘leggeri’?
La mia voce porta naturalmente ai ruoli meno drammatici, parlo per esempio di Barbiere di Siviglia o Italiana in Algeri, ma l'indole, quella sarebbe da tragedia! Quando canto Suzuki, in Butterfly, ogni volta vivo un' esperienza catartica. D'altra parte Puccini serve la causa del dramma in modo superlativo. Ma è cantando “I Capuleti e Montecchi” di Bellini o il “Tancredi” di Rossini che tocco vertigini di profondità vera e propria. Due delle esperienze più significative come artista sono stati due spettacoli che ho realizzato con la regia di Davide Livermore a Torino; “Le Belle indifférent”, un atto unico su testo di Cocteau e musica di Marco Tutino e “I Canti dall'Inferno” su testo di Roberta Cortese e Luigi Chiarella e con la realizzazione musicale di Andrea Chenna; in entrambi i casi spettacoli durissimi e tragici che però mi hanno arricchito dal punto di vista professionale ed umano in modo straordinario.

                                                                                                           
  
Come si concilia un mestiere “frenetico” come il Suo con la vita familiare/privata?
Non so se chi lavora in banca o in ospedale alla fine sia più fortunato... O chi non lavora affatto... Il problema è cercare di spiegare a chi non conosce da dentro il nostro mestiere che non viviamo nel Paese dei Balocchi. Il mio lavoro è sicuramente fatto di assenze causate da viaggi continui, incontri e socialità. E poi richiede grande disciplina ed attenzione e studio. E' un esercizio costante. Io lavoro a tutte le ore per la mia voce. Insomma come qualsiasi altro lavoro ha le sue caratteristiche specifiche, i suoi limiti e i suoi vantaggi. La famiglia di nascita ci ama perché ne facciamo parte,  per il resto, come per un medico, un autista o un procuratore, è solo questione di fortuna e buona volontà!

Il rapporto con le Regie d’Opera tradizionali e quelle moderne?
Il problema non è che una regia debba essere tradizionale o moderna, ma che una regia sia una regia vera e propria. Intendo dire che ci sia un pensiero coerente e strutturato che serva a capire meglio l'opera in questione. Che si ponga interrogativi sulle ragioni profonde dei personaggi e della relazione tra musica ed azione. Spesso le regie, sia tradizionali che moderne, sono un esercizio di stile del regista in questione, belle o brutte che siano, non aiutano me ad essere un personaggio migliore, né il pubblico ad entrare emotivamente più in fondo alla storia. Le regie funzionano se, congiuntamente con la musica e con noi interpreti, aiutano a far luce sulle ragioni intime ed universali dell'animo umano.

Il rapporto con i direttori d’orchestra?
Cerco che sia il migliore possibile, dobbiamo andare tutti nella stessa direzione in fin dei conti e si spera sia per la buona riuscita dell'opera in questione.
Ha mai sofferto di invidia o è mai stata oggetto di invidie altrui?
Meglio non scagliare pietre in giro, credo tutti saremmo stupiti dai risultati.

Città del mondo preferita? Dove preferisce stare quando deve rilassarsi dopo tanto lavoro?
La città preferita NYC! Ma non so se sia il posto per rilassarsi! Per il relax mare, ovunque!


Dove si mangia meglio e/o peggio?
Nei ristoranti in giro per il mondo dove mangia la gente del posto. Basta appostarsi e veder dove vanno gli “indigeni”, lì si mangerà bene ovunque! Certo, a parte l'ovvia Italia, nel nord della Spagna, in un ristorante libanese memorabile ad Abu Dhabi, in una “bettola” malese a China Town, in un Indiano indimenticabile a Londra. 

Cibo preferito?
Accidenti è difficile! Pasta? Troppo facile! Pesce, in tutte le salse dal sushi alla zuppa! Pizza? Beh sarei anormale se lo negassi! Torta al cioccolato fondente? Irrinunciabile! Anche se la parmigiana di melanzane....ma anche la ribollita con le verdure dell'orto... o i funghi raccolti dal nonno...insomma a parte le botte mangio qualsiasi cosa!

Il  rapporto con la sua famiglia?
Ho un meraviglioso “vincolo” di riconoscenza per i miei genitori che mi hanno lasciato seguire la mia strada con la loro amorevole semplicità, nonostante non si fossero mai occupati di musica in vita loro. E' il dono d'amore più grande che possa essere fatto da una madre e un padre. Purtroppo ho perso mio padre 10 anni fa, con mia madre è un'amorevole lotta perenne, con mia sorella e la sua famiglia la sicurezza di sapere che ci siamo sempre e comunque, posso dire quindi sia un grande privilegio esser nata in quella casa.
Superstiziosa?
No, solo mai più in 13 a tavola!

Ha tempo di dedicarsi a degli hobby, come il cinema, la lettura o qualcos’altro di particolare che la appassiona in modo specifico?
Mai a sufficienza! Sono pigrissima ma cerco di fare sempre qualcosa per non diventare paralitica! Non sono una sportiva, ma leggo moltissimo, sin da piccola, anche se non è mai abbastanza! Il cinema mi piace molto ma per quello davvero il tempo è poco. Mi appassionano l'archeologia e l'arte in generale. Se c'è una cosa vantaggiosa del tanto viaggiare è che ogni volta che arrivo in una città visito il maggior numero di musei possibile. Sono una straordinaria e costante fonte d'ispirazione.

Ama più il giorno o la notte?
Non si può scegliere tra un pomeriggio assolato che profuma di mare e l'odore dei gelsomini a mezzanotte sull'Alhambra di Granada! Luna e Sole sono splendidi e preziosi così come il sogno e la percezione della realtà quotidiana.

I Suoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Maria Malibran.
Cosa fa poco prima di salire sul palcoscenico?
Normalmente mi concentro, cerco di trovare lo stato fisico e mentale che mi permetta di fare quello che “devo” il più consapevolmente possibile. Per il resto niente riti o manie, ascolto quello che mi sta intorno e cerco di farne parte.



Come vive il rapporto con il pubblico?
Il pubblico è diverso ogni sera quindi non c'è “un” modo, la sala si percepisce e cerco di reagire a quello che mi arriva. Non lo guardo, lo sento e cerco di volergli bene: sono usciti di casa, hanno pagato un biglietto e si sono scomodati per venire a sentire anche me! Hanno diritto a tutto il mio rispetto e amore. Cerco di condividere con loro quello che è il mio viaggio attraverso la musica, di portarli con me con la mia immaginazione, i miei sentimenti, le relazioni che costruisco in scena. Quando canto ho la chiara consapevolezza che con il pubblico condivido soprattutto l'appartenenza allo stesso genere, il genere umano le cui vicende sono rappresentare in quel luogo di tavole di legno e quinte nere da qualcuno, come me, che si traveste per dare voce a un patrimonio che appartiene a tutti, indistintamente.

Come vede questo momento di crisi che attraversa il settore della musica lirica?
In Italia siamo soliti gridare al lupo quindi anche nel nostro settore non smentiamo la nostra cittadinanza. L'opera è un capitolo di romanzo disperato ben più lungo e in continuo aggiornamento. Questo Paese ha responsabilità enormi nei riguardi di se stesso, ce ne stiamo accorgendo tutti amaramente, ma le campane a morto suonavano da tempo, le distrazioni sono state molto utili per non farci caso. Le somiglianze con periodi purtroppo drammatici come quelli dell'inizio del secolo scorso che ci hanno portato a due conflitti mondiali sono anche troppo evidenti, ma come allora esorcizziamo come possiamo la consapevolezza del disastro.

Quindi una crisi generale?
Il problema non è la crisi dell'opera, alla fine un piccolo mondo antico meraviglioso, sì,  ma non unico da salvare. La musica in generale, i musei, il nostro patrimonio artistico... perché non accorgerci che viviamo in Italia e che questo paese ha dato un contributo fondamentale  alla civiltà moderna? Come possiamo non ricordarci che nel '400 l'umanesimo ha creato dei capolavori che dovrebbero rafforzarci e renderci ricchi, nelle tasche e nello spirito?  Invece i nostri capolavori giacciono in musei semichiusi o in perenne ristrutturazione o peggio in cantine a rischio allagamento e sale illuminate a fatica.  Come possiamo non essere consapevoli che il Colosseo non sia una rotonda stradale o un cinema del centro, gli Uffizi il luogo dove si sbrigano pratiche burocratiche o Brera, quel bel quartiere dello shopping di Milano?

Cosa si potrebbe fare?
Non è nel momento di crisi che si ripristina un equilibrio sconnesso e maltrattato per troppo tempo. E' necessario un lavoro capillare quotidiano di non assuefazione o peggio vaccinazione alla Bellezza, ma di continuo stupore e fruizione, “manutenzione”, ripristino e amore. Manca l'amore in quello che facciamo; sovente la rabbia, la disperazione e l'opportunismo vincono su tutto. In un mondo in cui l”ego” è necessario, non si farebbe questo mestiere se non fossimo ambizioni ed egocentrici, e gli affari sono affari, da sempre, quindi non nascondiamoci dietro un dito! Ma prendersi le responsabilità è fuori moda, anzi fuori luogo in questo nostro paese, quindi i teatri chiuderanno quando non ci sarà più nessuno a potere sfruttare la situazione; quelli che possono stanno giù fuggendo al'estero dove le programmazioni sono ancora in piedi, le recite si fanno e chi lavora viene pagato.


Un quadro piuttosto triste.
Qui purtroppo noi guardiamo e basta, o al massimo ci sbracciamo e strilliamo un po' ma, alla fine, una mancanza endemica e secolare di attenzione al contenuto dell'Arte e al rispetto filosofico e etico del patrimonio artistico hanno perpetrato danni enormi. Non dobbiamo avere paura di dire che la catarsi è il segno che contraddistingue l'Arte dal guittismo e che se anche si tratta “solo” di intrattenimento è bene che la gente vada a teatro per pensare e non solo per svagarsi, per  vedere cose che facciano riflettere e non solo che divertano, quello possiamo farlo anche a casa senza nemmeno pagare un biglietto!

Un segno di speranza c’è secondo lei?
Beh, riprendendoci quello che è nostro, quello per cui qualcuno di recente in Francia mi ha detto “per noi siete l'esempio della cultura e di come rispettare l'Arte” e io ho dovuto smentire. Una volta sì, forse una volta lo siamo stati! Adesso siamo terzo mondo, siamo rovi in mezzo alle colonne di un tempio sacro! Riappropriamoci di quello che è nostro!  Ci fa cosi schifo? E' faticoso, certo, ma io ho fiducia, sia in quelle generazioni che hanno lavorato duramente e che ora si vedono messe da parte perché obsolete, sia in quei giovani che vogliono capire il Mistero di un lavoro meraviglioso, con curiosità sana. E' per loro e attraverso di noi che bisogna continuare a dire che l'Opera vale la pena di essere cantata, ascoltata, vissuta perché ci appartiene, e anche se un po' vetusta e museale, contiene molto di noi, di quello che siamo e di dove stiamo andando,  senza perdere la strada o ottenebrare orizzonti futuri.

                                Una foto da 'Il diluvio universale'

Pensa manchi ancora qualcosa nella Sua vita oggi?
Di essere vissuta. Che sia la benvenuta!

I suoi prossimi impegni?
Butterfly e ancora Butterfly, Rossini e Schumann e Schubert e molti.. non lo so! Musica in ogni caso, e spero tantissima!

Ringrazio sinceramente Manuela Custer: donna e artista di carattere, di cuore, e aggiungo veramente simpaticissima, che ha sviscerato con generosità tutti gli argomenti che le ho proposto e che si dimostra persona davvero straordinaria in tutti i campi. Che la musica la circondi sempre con gioia e che ci regali ancora tantissime e splendide performance come lei sa fare, in bocca al lupo!
MTG