venerdì 31 gennaio 2014

LA CLEMENZA DI TITO, W.A. MOZART – TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, giovedì 30 gennaio 2014

Nello stesso periodo in cui Mozart componeva il delizioso Flauto magico, ossia nell’ultimo suo anno di vita, il 1791, il compositore austriaco terminò anche il suo ultimo capolavoro serio: La clemenza di Tito, tratta da Metastasio e su libretto di Caterino Mazzolà, poeta che dovette rivederne il testo affinché fosse più ‘adatto’ alla musica del salisburghese. Due mondi completamente diversi, una fiaba ed un dramma storico, ma che manifestano entrambi come sentimenti di amore, gelosia e brama di potere, possano manifestarsi in ogni genere, tanto nella fantasia quanto nella vita reale. Ma soprattutto in ambo i casi viene sottolineato il fatto che un uomo di potere, un imperatore romano in questo caso, possa essere conosciuto ed amato per la sua proverbiale magnanimità. E’ noto infatti come questa opera fu scritta per celebrare l’allora regnante Leopoldo II d’Asburgo, successore di Giuseppe II, in occasione della sua incoronazione come re di Boemia.
Per celebrarlo degnamente Mozart chiama in causa il ‘clemente’ Tito, ossia il sovrano per eccellenza, colui che mette sempre al primo posto il suo impero fatto di persone più che di territori, a discapito anche dei suoi sentimenti. Ha infatti occasione in più momenti di esprimere la sua grandezza, nel rifiutare il ricco bottino di guerra offerto dal prefetto Publio, per donarlo al popolo; nel rinunciare al matrimonio con Servilia sapendola innamorata di Annio; nel dubitare della colpevolezza dell’amico fidato Sesto, nonostante le evidenze; ed appunto nell’atto finale di perdono generale verso i cospiratori, motivo chiave di questa opera. 
Se tutto ciò avviene in origine nell’antica Roma, ancora una volta dobbiamo spostarci in una dimensione senza tempo e quasi senza spazio. Nell’allestimento che i registi  Ursel Herrmann e Karl-Ernst Herrmann propongono per questo spettacolo, infatti, non sono necessari troppi fronzoli e ricercatezze, ma nella sua sobrietà sta l’efficacia delle idee sviluppate man mano sulla scena. Un allestimento che è ormai datato 1982, ma che ha fatto il giro dell’Europa, fino alla recente ripresa del 2012 per Madrid, e finalmente approdato alla Fenice come un atteso classico dei tempi recenti.
Ci troviamo in un luogo indefinito dalle prospettive molto marcate, ma di difficile identificazione, in cui oltre a pochissimi elementi, a nostro avviso pregnanti, presenti in scena, lo spettatore ha poco altro su cui concentrarsi. Ma ciò che il pubblico vede è più che sufficiente a comprendere l’intero tessuto narrativo.

Una ‘stanza’ è al centro del palcoscenico, dai colori molto tenui, come una tavolozza su cui tutto possa essere impresso da un momento all’altro. Delle porte si trovano simmetricamente poste l’una di fronte all’altra al centro delle pareti. La platea viene ad essere la quarta apertura ideale in opposizione a quella in centro palco. Solo alcuni elementi completano l’allestimento ed entrano in scena nei momenti cruciali. Così il trono dell’imperatore, prima di spalle e poi svelato, totalmente bianco. Successivamente il fulcro della scena diviene una colonna, ancora bianca, e spaccata a metà ed anche tranciata in cima. Dalle porte si intravvedono dei meravigliosi archi che in successione si allontanano verso l’orizzonte, anch’essi bianchi e con una statua al centro, che ricorda la celebre Vittoria alata, sempre bianca e che viene fatta scintillare di fiamme che illuminano l’intera sala, in luogo dell’incendio al Campidoglio. Il coro si mostra da queste aperture con delle corone di alloro al capo dei coristi. 
La corona di alloro è il simbolo stesso del potere, che Vitellia tanto desidera per sé, ed è anch’essa grande protagonista della scena con interessanti soluzioni registiche. Anche il momento in cui la congiura operata da Sesto viene rivelata, è significativamente completato da un enorme cubo nero che, penzolante dall’alto, è pronto a scagliarsi contro il colpevole, ma poi si ritrae da dove era venuto, nel momento in cui l’odio svanisce ad opera del giusto Tito. Infine, le bende che coprono gli occhi di Sesto e le maschere dei coristi nel finale stanno chiaramente ad indicare quanto la gelosia possa rendere ciechi e spinga anche a gesti impronunciabili. Gli abiti che gli stessi registi hanno concepito sono un misto di classico tardo settecentesco e contemporaneo, tra cui spiccano quelli di Vitellia, che si concede anche un abito rosa shocking tra i vari indossati, a testimonianza di quanto forte e passionale sia il suo essere.

Impegnatissimi nel canto, tutti gli interpreti sono stati chiamati ad esprimere con esso e con il corpo le molteplici emozioni che il registi hanno pensato per loro.

A cominciare dalla eccellente Vitellia, una Carmela Remigio in ottima forma sotto tutti i punti di vista: la sua voce disegna una linea di canto sicura in tutta la gamma, si esprime con potenza riempiendo di colori la sala del teatro veneziano. Il suo ruolo è addirittura civettuolo all’inizio, a tal punto da giocare a mosca cieca con i suoi pretendenti, quasi ad indicare che chiunque possa aiutarla a conquistare il desiato alloro la potrà avere. Con la giusta malizia, che cela inganno e mero calcolo, riempie il palco con la sua sola presenza, grazie anche agli splendidi costumi ed ad una regia che sottolinea in ogni momento il fuoco che arde nel suo animo.

Meravigliosa anche Monica Bacelli nei panni di Sesto. Il timbro leggermente ambrato della voce le dona polposità e volumi notevoli; l’interprete è sentita, calata nel ruolo; non è facile interpretare un personaggio maschile, eppure ne cattura le sensazioni, gli stati d’animo dell’innamorato semplicemente usato, con la forza che imprime alla parola, con la sottolineatura degli accenti, la modulazione della voce sempre al servizio della frase, il tutto per comporre una performance felicissima.
   
Il basso Luca Dall’Amico ha mostrato carattere e maturità nell’interpretare Publio: con la sua voce che diviene sempre più bruna, cavernosa, decisamente adatta a ruoli di temperamento, ha messo in luce il carattere del suo personaggio con capacità e buon gusto.

Partito un po’ in sottotono rispetto ai suoi compagni di palco, Carlo Allemano ha dato miglior prova di personalità nel secondo atto, dandosi maggiormente al personaggio interpretato, sia vocalmente che caratterialmente. Resta comunque il fatto che nel ruolo del titolo ci si aspettava qualcosa in più dal tenore.

Centrato invece il ruolo del buon Annio, innamorato e a ben donde della cara Servilia.  Raffaella Milanesi ha un colore di voce pastoso e dal timbro interessante, ha tenuto il palco con la scioltezza delle sue colleghe ed ha offerto una buona interpretazione vocale.

Discreta la  Servilia di Julie Mathevet. La sua voce può ancora crescere ed arricchire quanto già doti attoriali e tenuta del palco sono al momento i suoi punti di forza.

Gli interventi del coro sono stati preparati come sempre all’altezza dello spettacolo da Claudio Marino Moretti.
Alla testa dell’orchestra della Fenice il Maestro Ottavio Dantone ha dato prova di come si può dirigere Mozart senza essere mai banali, senza appesantire i suoni, senza cedere ad una eccessiva leggerezza, insomma creando il perfetto equilibrio tra musica e libretto, tra buca e palco, con la magia che solo la grande esperienza può donare.

Il pubblico che si è affrettato a raggiungere le uscite causa l’imminente rischio acqua alta, si è comunque concesso il tempo di omaggiare e ringraziare sentitamente i protagonisti col calore che è il più gradito premio dopo uno spettacolo ben riuscito.
MTG  

LA PRODUZIONE

Maestro concertatore  Ottavio Dantone
e direttore

Regia                              Ursel Herrmann
                                        Karl-Ernst Herrmann

scene, costumi e luci     Karl-Ernst Herrmann

maestro del Coro         Claudio Marino Moretti
maestro al cembalo      Roberta Ferrari

GLI INTERPRETI

Tito                                Carlo Allemano

Servilia                          Julie Mathevet

Vitellia                          
Carmela Remigio

Annio                             Raffaella Milanesi

Sesto                              Monica Bacelli

Publio                            Luca Dall’Amico 

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice

con sopratitoli in italiano e in inglese

allestimento Teatro Real di Madrid