lunedì 11 novembre 2013

DO RE MI …. PRESENTO – intervista a MIRCO PALAZZI

Oggi approfondiamo la conoscenza di un Artista riminese simpatico e schietto, dall'indubbio talento musicale, la cui bellissima voce è dotata di un timbro molto particolare: vellutato, corposo ed austero, che indubbiamente cattura al primo ascolto. La persona in questione è il basso Mirco Palazzi, altro orgoglio del nostro paese, che sta collezionando successi su successi nei teatri d’opera più prestigiosi del pianeta. Qualche esempio? Titoli come ‘Don Giovanni’, ‘Lucia di Lammermoor’, 'Linda di Chamounix', ‘Maria Stuarda’, ‘Guglielmo Tell’, ‘Trovatore’, ‘Lucrezia Borgia’, ecc. per cui ha ottenuto larghi consensi in teatri quali il Teatro Alla Scala di Milano, il Teatro Regio di Torino, l’Opera di Dallas, il Liceu di Barcellona, il Carlo Felice di Genova, l’Opera di Washington, la Fenice di Venezia, il Barbican Centre di Londra, nonché il Rossini Opera Festival, ecc. Diretto dalle più importanti bacchette di fama internazionale, non ha perso di vista l’amore per la famiglia, per la vita semplice, e si mostra veramente molto generoso e propositivo nel rispondere alle mie domande, con ricchezza di dettagli, spontaneità e tanta schiettezza.



Descriva la sua voce a chi non la conosce e cosa secondo lei la distingue da quella degli altri suoi colleghi.
La mia voce è classificata fra quelle di basso, più precisamente “basso cantabile”. Per quanto la parola “basso” possa evocare un suono scuro e cavernoso, la mia voce non è così, anzi, direi che pur a sua agio nella tessitura del basso ha un suono ed una “esposizione” piuttosto brillante e una agilità non comune a tutte le tipologie di basso. Sono trascorsi dodici anni dal mio debutto “professionale” e se c’è una cosa che ho capito durante questa esperienza, è che bisogna dare uno stile e un colore alla propria voce tali da renderla personale e quindi unica. Non so se ci sia riuscito in pieno, ma spero che la mia voce e il mio canto si possano distinguere a un primo ascolto e non si confondano con nessun altro.

Come descriverebbe gli inizi della Sua carriera e cosa l’ha portata a intraprenderla?
Ho iniziato a studiare pianoforte a sette anni, e bene o male la musica è sempre stata presente nella mia famiglia poiché mio padre, da buon romagnolo, suona la fisarmonica. Quando lo studio del pianoforte mi ha messo di fronte ai corsi corali, ho scoperto anche la voce e il piacere di cantare, cosa che prima non avevo mai affrontato e nemmeno pensato di fare. Da allora l’entusiasmo è stato sempre crescente, di pari passo con i progressi a cui lo studio del canto mi portavano. Sono stato anche fortunato perché ho incontrato sin da subito il maestro che mi ha portato con successo alla vincita di tre concorsi internazionali e al debutto teatrale. Grazie all’ottimo rapporto che ci legava, ho affrontato senza ansie e problemi tutte le fasi dello studio ed anche i concorsi sono stati affrontati senza aspettative, consapevoli dei propri limiti, ma anche fiduciosi di un risultato più o meno positivo.  La frase che potrebbe riassumere lo spirito e il pensiero di quei tempi è: “Proviamoci e vediamo come va”. Sono tre anni che il mio maestro, il tenore Robleto Merolla, non c’è più, ma non passa una mia esibizione in cui il pensiero non vada a lui.

I ricordi più cari e i momenti che Le danno maggiore soddisfazione?
Non vorrei peccare di ottimismo, ma a parte qualche episodio in cui veramente non sono stato soddisfatto di me stesso, per il resto cerco di godere di ogni occasione in cui mi posso esibire ed esprimere me stesso. Ricordo con piacere quando ho vinto i concorsi perché hanno segnato un passaggio nella mia vita significativo, cioè dall’esser uno studente di canto al divenire un “cantante”. Il primo concorso che ho affrontato nel 2001 è stato fondamentale e importantissimo grazie all’incontro con il grande basso Bonaldo Giaiotti, il quale mi ha incoraggiato, dato fiducia e  aiutato sin da subito e in tutti questi anni con i suoi preziosi consigli e la sua amicizia.



Che cosa avrebbe fatto se non avesse scelto questa carriera?
Non sono sicuro, presumo che avrei continuato a lavorare nella ditta di famiglia, una falegnameria, come sta tuttora facendo mio fratello.
Quanto conta l’immagine oggi nel mondo del Teatro d’Opera?
Credo che l’immagine sia molto importante. Non credo però che l’immagine sia solamente quella dell’aspetto fisico, ma un insieme di fattori che contribuiscono a formare appieno l’immagine dell’artista, come: la professionalità, l’affidabilità e la serietà, la preparazione e l’apertura verso gli altri colleghi e ovviamente la voce e la musicalità. Tutto questo concorre a formare “La vera Immagine” dell’artista ben più importante di quella  che da’ il semplice aspetto fisico. 
Come studia una partitura nuova?
Prima di tutto mi studio bene il libretto e la storia che l’opera rappresenta, poi vado nello specifico del mio ruolo potendo così collocare le mie arie, recitativi e concertati in un contesto ben preciso. In un primo momento affronto lo studio musicale da solo, poi, una volta che conosco abbastanza bene musicalmente la parte, vado da un pianista per dare un quadro generale al tutto e per poter “mettere in gola” la musica.



Predilige i ruoli drammatici  oppure quelli per così dire più ‘leggeri’?
Come indole e come colore di voce prediligo i ruoli drammatici, ma ho affrontato e affronterò con entusiasmo ruoli per così dire leggeri come Leporello, Il Conte Asdrubale, Don Basilio, Mustafà, Il Podestà, Figaro… Il tutto dipende dal taglio che gli si vuole dare. Sono abbastanza sicuro che non canterò mai un Don Bartolo o ruoli prettamente buffi.
Come si concilia un mestiere “frenetico” come il Suo con la vita familiare/privata?
E’ difficile e bisogna fare delle rinunce in entrambi gli aspetti della vita. Anche mia moglie Raffaella è una cantante. Cerchiamo il più possibile di alternarci nel lavoro e di seguirci a vicenda per stare sempre insieme. Quando questo non è possibile, nostra figlia viaggia con la madre e i nonni. In generale cerco di dare la priorità alla famiglia pur sapendo che il lavoro è una fonte indispensabile per mantenere essa stessa.
Quindi il rapporto con la sua famiglia?
Di unione, sostegno e amore.



Il rapporto con le Regie d’Opera tradizionali e quelle moderne?
Purché ci sia un senso e si rispettino i rapporti tra i personaggi, per me, non c’è nessun problema. Quando si cominciano a fare regie nelle quali c’è “una storia nella storia” e sono falsati i rapporti tra i personaggi, non c’è più aderenza tra ciò che si dice e quello che si fa, questo non mi piace più. Preferisco regie tradizionali perché amo l’opera così come è stata concepita dal compositore e dal librettista, un aggiornamento ai tempi moderni è una cosa quasi superflua e direi, inutile perché il fascino dell’opera lirica viene a perdersi quando è snaturata. Il cinema è un prodotto del secolo scorso, l’opera no, non si possono trattare nello stesso modo. Sicuramente è più difficile creare una bella regia di un’opera rispettando il libretto e l’autore piuttosto che inventarsi da capo a fondo storia e ambientazioni proprie… Se noi prendiamo gli spartiti delle opere di Mozart, Verdi, Puccini, Donizetti e tanti altri compositori, possiamo notare che sullo spartito c’è scritto tutto, anche quello che accade a livello scenico. 

Quindi il ruolo del regista secondo lei?
Trovo il ruolo del regista fondamentale per l’allestimento di un’opera, ma lo vedo più in funzione di “Coach”, colui che fa funzionare la squadra, in questo caso di attori/cantanti, colui che da’’ una “direzione” anche al singolo, ma che allo stesso tempo vede e fa funzionare il tutto dall’esterno. Tutti i musicisti, strumentisti per primi, studiano e lavorano per ottenere un risultato il più possibile conforme a come l’autore lo abbia pensato e scritto: anche per questo abbiamo l’uso di strumenti “originali” e la prassi esecutiva che riguarda tutti, cantanti compresi. Perché questa pratica deve essere isolata al lato musicale? Trovo irritante vedere una messa in scena che vada contro il testo e ancora di più contro la musica. Provate a immaginare una persona, un ragazzo/a o addirittura un bambino che vada a vedere un’opera per la prima volta, cosa capirà e cosa gli arriverebbe dell’opera se tutto fosse cambiato e strumentalizzato dalla regia? Non lo so. Il mio lavoro mi porta a stare lontano di casa per mesi. Questo tempo è per la maggior parte occupato da prove di regia, circa quattro settimane, mentre le prove musicali, comprese quelle con l’orchestra fanno fatica ad arrivare a una settimana. Troppo spesso il lato musicale è messo da parte in termini di tempo e di qualità.
Conclusione: preferisco fare concerti.

                                          Don Giovanni, Leporello - Dallas

Il rapporto con i direttori d’orchestra?
È un rapporto di scambio e costruttivo, dove il rispetto reciproco è fondamentale. Portare le proprie idee e confrontarle sono il bello di questo lavoro. Seguire pedissequamente ciò che l’uno o l’altro vuole, significa la perdita dell’entusiasmo, il quale è indispensabile per cantare e far musica bene.

Ha mai sofferto di invidia o è mai stato oggetto di invidie altrui?
L’invidia è un peccato che per fortuna non mi appartiene. Mi è capitato di soffrire quando non sono stato scelto per dei titoli che amo particolarmente, ma devo dire che da quando ho una famiglia e una figlia anche questo è passato in secondo piano. Ora per me è fondamentale avere il giusto lavoro che permetta di far vivere bene la mia famiglia e me, ovviamente la qualità del lavoro stesso è parte imprescindibile di tutto questo. Sono convinto che ciascun artista debba riuscire a essere unico e nella sua unità speciale. Questo comporta due cose: o si piace o non si piace. L’importante però è piacere a se stessi e avere un proprio pubblico. Dell’invidia da parte degli altri nei miei confronti non me ne sono mai curato, è un problema di chi la prova.

Veniamo ai gusti personali. Città del mondo preferita? Dove preferisce stare quando deve rilassarsi dopo tanto lavoro?
Roma. Per rilassarsi e riposare non c’è niente di meglio che tornare nei luoghi della propria infanzia e con le persone che ne hanno fatto parte e ne fanno tutt'ora.

Dove si mangia meglio e/o peggio?
Basta trovare il posto giusto e si mangia bene dovunque, e credo che la compagnia sia un aspetto fondamentale per un ottimo pasto. Amo le diverse cucine e mi piace provare e trovare il buono di ognuna. Volentieri e il più delle volte cucino da me stesso, cercando così di soddisfare il palato e mantenere la salute.

Cibo preferito?
Non saprei cosa scegliere… Un bel piatto di spaghetti alle vongole fa sempre festa, e la pizza pure!

Ha tempo di dedicarsi a degli hobby, come il cinema, la lettura o qualcos’altro  di particolare che la appassiona in modo specifico?
Amo la fotografia e il mondo della registrazione audio e video. Possiedo tutta l’attrezzatura di un piccolo studio di registrazione.

Ama più il giorno o la notte?
Giorno, amo stare in azione.

I Suoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Samuel Ramey, Bonaldo Giaiotti e Cesare Siepi tra i bassi; Giuseppe Taddei e Cornell MacNeill tra i baritoni; Franco Corelli, Robleto Merolla e Luciano Pavarotti fra i tenori. Trai colleghi di oggi mi piacciono molto Ferruccio Furlanetto, Michele Pertusi, Ildebrando D’Arcangelo e Gregory Kunde. Non sono un grande culture di voci femminili…

                                          La damnation de Faust

Lei è superstizioso?
No, ma qualche grattata ogni tanto ci scappa

Il Suo rapporto con la spiritualità?
Privato, non ne parlo con nessuno.

Che cosa fa poco prima di salire sul palcoscenico?
Ascolto la musica che viene dalla buca d’orchestra e il canto dei miei colleghi  che sono già in palcoscenico.

Come vive il rapporto con il pubblico?
Il rapporto con il pubblico è una cosa indispensabile e vai ricreata da capo ogni volta che ci si esibisce. Ovviamente secondo i risultati il mio rapporto cambia, anche se l’ascoltatore più esigente sono io, e spero di continuare ad esserlo. Alla fine non è tanto il rapporto che ho con il pubblico, ma quello che ho con me stesso che influisce sul risultato perché quando sono soddisfatto e mi piace quello che sto facendo, di solito arriva una risposta positiva anche dall’esterno.

Come vede questo momento di crisi che attraversa il settore della musica lirica?
E’ un periodo in cui serve una riorganizzazione e un taglio agli sprechi. Quello che c’è basta, va solo distribuito più equamente.

Cosa  manca ancora nella Sua vita oggi?
Sono contento così, anche se sono troppo spesso concentrato sul futuro e mi godo poco quello che sto vivendo.

Episodi buffi nel backstage o in scena che le piacerebbe condividere.
I classici scherzi da ultima recita, specie quando si canta con colleghi amici di vecchia data.

Qualcosa che vorrebbe dire  al suo pubblico e che non le è stato mai chiesto.
Non ho mai pensato di parlare con il pubblico. L’unico strumento di comunicazione per me è il canto.

                                         L'incoronazione di Poppea, Seneca - Barcellona

I suoi prossimi impegni?
Damnation de Faust  (Mephistopheles) al Barbican di Londra diretto da Gergiev, Stabat Mater e Requiem di Verdi con il Regio di Torino e il M° Noseda in tournée in Giappone, L’Italiana in Algeri a Verona, Guglielmo Tell a Torino, Nozze di Figaro (Figaro) a Dallas e Maria Stuarda (Talbot) a Barcellona.

Ed anche questa volta sono molto orgogliosa di aver fatto conoscere un po’ meglio questo Artista, Mirco Palazzi, che sono sicura ci darà ancora tante soddisfazioni, a cui auguro tanto altro successo in futuro e ringrazio vivamente per la sua disponibilità e cortesia, nell’aver condiviso con me e con il suo pubblico i suoi pensieri e le sue emozioni. In bocca al lupo per tutto!
MTG