lunedì 23 settembre 2013

LUCREZIA BORGIA, Gaetano Donizetti, Teatro Verdi di Padova, domenica 22 settembre 2013, ore 16,00

La stagione lirica al Teatro Verdi di Padova prosegue il suo cammino con la sezione autunnale, presentando un titolo tanto importante quanto imponente, sia musicalmente parlando che per contenuti esposti. Che Donizetti amasse le grandi personalità femminili lo si evince dai numerosi titoli ad esse dedicati, si pensi ad Anna Bolena, Maria Stuarda, Maria de Rudenz, Maria de Rohan, per citarne alcune. Qui siamo innanzi ad uno dei personaggi più affascinanti e controversi della storia italiana del Rinascimento: Lucrezia Borgia, la cui storia personale è da secoli fonte di ispirazione per drammi scritti o musicati, fino alle moderne serie televisive, in cui liberamente vengono narrati gli intrecci privati e le trame politiche che si dipanano intorno a questa figura.

Tratta infatti dal dramma dall’omonimo Lucrèce Borgia di Victor Hugo, datato 1833,  l’opera di Gaetano Donizetti fu messa in scena nello stesso anno, ed espone la figura della famosa figlia illegittima di Papa Alessandro VI, che fu nota alle cronache rinascimentali per la sua burrascosa vita sentimentale, protagonista di matrimoni legati alla politica ed ai conseguenti giochi di alleanze della sua famiglia, come in uso all’epoca (e come è noto anche in seguito). Nel corso dei secoli la figura di questa donna ha assunto connotazioni sempre più negative, per raggiungere l’apoteosi in quanto a notorietà grazie proprio al dramma di Hugo, che ebbe grandissimo successo sin dalla sua prima rappresentazione a Parigi. Troppo succulento come materiale per non attirare l’attenzione di Gaetano Donizetti, che ne fece un’opera straordinaria, grazie anche al libretto di Felice Romani, e che pur non ottenendo allora il successo sperato da subito, oggi rappresenta un gioiello da mettere in scena con orgoglio, come è stato per questa produzione patavina.

La Borgia del compositore bergamasco è però soprattutto una madre, il cui sentimento nobilissimo verso il figlio in qualche modo può edulcorare i delitti compiuti precedentemente. Diversamente dalla versione dell’autore francese, infatti, non è la protagonista a morire, ma il suo adorato figlio, per mano involontaria del veleno che essa stessa aveva predisposto per i suoi compari, lasciandola nello sgomento più totale sino a svenire. La punizione per la sua vita delittuosa, dunque, non tarda comunque ad arrivare, più tremenda della morte.
Rimaneggiata più volte fino al 1840, cercando di mettere d’accordo tutti tra artisti, censura, e persino Hugo, che non amò particolarmente il ‘saccheggio’ della sue opera da parte del musicista, da quella data offre una variante nel finale: anziché la cabaletta della protagonista in lacrime per la morte del figlio avvelenato, ‘Era desso’, il figlio stesso con ‘Madre, se ognor lontano’, saluta morente la ritrovata genitrice. 

Il regista Giulio Ciabatti, coadiuvato da Roberta Volpe, ha lasciato che l’intensità dei colpi di scena e dei sentimenti fossero espressi soprattutto dalla bellissima musica scritta da Donizetti, lasciando molto all’immaginazione del pubblico, data l’estrema essenzialità della scenografia. In effetti non si può parlare di vera e propria scenografia, poiché gli unici elementi presenti sul palco sono delle colonne color argento e rosso in mezzo alle quali si muovono i protagonisti, con la semplice aggiunta di blocchi in stile marmoreo poggiati sul suolo, ad indicare le profetiche cinque tombe per gli avvelenati, nell’ultimo atto.  Le luci di Bruno Ciulli aiutano a sottolineare i momenti più intensi della narrazione, ma senza arricchire particolarmente lo sfondo. L’intera rappresentazione è stata dunque realizzata quasi in forma di concerto, con gli interpreti molto spesso rivolti al pubblico, piuttosto che all’interlocutore di turno. A rendere l’idea del lusso e dello sfarzo dell’epoca Borgia ci hanno pensato i meravigliosi costumi della Sartoria Tirelli ripresi da Lorena Marin. Sontuosi, ricchi, hanno costituito l’elemento di forza di questa messa in scena.

Tutta giovane la compagnia di canto.
Il ruolo di Lucrezia Borgia è uno dei più difficili da interpretare, che richiede grande esperienza e duttilità vocale. La giovane Francesca Dotto ha mostrato molto coraggio nel mettersi in gioco, anche perché dotata di un bel materiale vocale dalle grosse potenzialità. Non ha però ancora ‘le physique du rôle’ che questo personaggio così impegnativo richiederebbe. Sicuramente la regia non è stata molto di aiuto nel sottolineare la forza e la passione di questo ruolo, ma anche l’interpretazione del soprano è stata sì corretta, però ancora piuttosto scolastica.  
La voce di Mirco Palazzi ha da sé offerto un Alfonso I D’este di carattere e ‘mestiere’. Il basso è riuscito ad imprimere personalità al suo ruolo, soprattutto grazie alla sua voce ricca e robusta, che non teme il volume dell’orchestra e spicca fiera in sala.
Gennaro è stato interpretato da Paolo Fanale. Il tenore è sembrato leggermente sotto tono. Non ha dato all’interpretazione l’intensità che ci si aspetterebbe, dando l’impressione di cantare un po’ trattenuto e monocorde, risultando talvolta coperto dalla musica in sala.
Straordinaria sorpresa Teresa Iervolino nel ruolo en travesti di Maffio Orsini. Come il collega Palazzi, nonostante la regia non offrisse spunti particolari, ha impresso carattere deciso al suo personaggio ed ha veramente colpito per il bellissimo colore della sua voce forte con corpose  sfumature ambrate. 

Positiva la prova dei comprimari che in realtà sono molto più, data l’importanza delle loro azioni nella storia: Vittorio Zambon, nel ruolo di Jeppo Liverotto,  Wiliam Corrò, un discreto Don Apostolo Gazella, Ascanio Petrucci, un Gabriele Nani dal bel timbro, Oloferno Vitellozzo, alias Orfeo Zanetti, e Rustighello, un corretto Matteo Mezzaro. Molto bene l’Astolfo di Massimiliano Catellani e veramente molto bravo Andrea Zaupa, che ha nobilitato il  ruolo del fido Gubetta con la sua bellissima voce bruna.

Il coro Città di Padova preparato da Dino Zambello ha offerto una prova positiva, tralasciando qualche piccolo problemino di tempo ad inizio del secondo atto, ma in generale corretto e con un bell’impasto di voci.

L’orchestra di Padova e del Veneto, guidata da Tiziano Severini, risulta talvolta predominante nella sala non grandissima del gioiello padovano. Il Maestro ha comunque stabilito un buon contatto con il palcoscenico, sottolineando con buona impronta drammatica i momenti più intensi della narrazione.

Lo spettacolo è stato applaudito da un pubblico visibilmente soddisfatto ed inneggiante ai protagonisti principali.

MTG


LA PRODUZIONE

Maestro concertatore                Tiziano Severini
e direttore
Regia                                          Giulio Ciabatti
idea scenografica                       Roberta Volpe
costumi                                       Sartoria Tirelli ripresi da Lorena Marin
luci                                              Bruno Ciulli
Direttore del coro                      Dino Zambello

GLI   INTERPRETI

Lucrezia Borgia                         Francesca Dotto
Gennaro                                     
Paolo Fanale 
Alfonso I D’Este                        
Mirco Palazzi
Maffio Orsini                             Teresa Iervolino
Jeppo Liverotto                         Vittorio Zambon
Don Apostolo Gazella               Wiliam Corrò
Ascanio Petrucci                       
 Gabriele Nani 
Oloferno Vitellozzo                    Orfeo Zanetti
Gubetta                                      
Andrea Zaupa
Rustighello                                 
Matteo Mezzaro 
Astolfo                                        
Massimiliano Catellani 

Coro Città di Padova,
Orchestra di Padova e del Veneto














Foto  Giuliano Ghiraldini per concessione Studio PierrePi Padova